Un programma incentrato su talk, incontri, degustazioni – con prodotti di Sicilia e visite nelle aziende – ha caratterizzato la X edizione del Festival del Giornalismo Enogastronomico, dall’11 al 13 luglio, un appuntamento che, ogni anno, permette a giornalisti e comunicatori di confrontarsi sullo sviluppo enogastronomico della Sicilia. Il giornalista Nino Amadore, ideatore e organizzatore, quest’anno ha sviluppato il festival in più tappe, aggiungendo al consueto evento di Galati Mamertino (in provincia di Messina) altri interessanti momenti di incontro.
L’evento ha avuto luogo a Vittoria e nella provincia di Ragusa, in collaborazione con l’Associazione Network e il supporto di Promotergroup, che ha ospitato l’evento, e Digitrend, Distretto del Cibo del Sud-Est Siciliano, DOSES e Iside.
Amadore ha raccontato com’è nato l’evento e ha risposto ad alcune nostre domande:
D. Come nasce questa manifestazione?
R. Il Festival del Giornalismo Enogastronomico è nato undici anni fa per dare una mano a un territorio marginale che ai miei occhi sembrava (e in parte sembra ancora) dipendere troppo da una cultura parassitaria e assistenzialistica. L’obiettivo era e resta quello di ragionare su uno sviluppo possibile, ossia sostenibile, pulito e onesto. Il progetto era quello di far conoscere ai giornalisti un territorio in parte sconosciuto, ma anche di stimolare un dibattito attorno ad alcuni temi, a partire dalla filiera dell’enogastronomia: dalla terra alla tavola. Uno degli slogan delle prime edizioni era: dobbiamo smettere di pensarci poveri. Questo perché penso che l’agricoltura, soprattutto di qualità, sia una grande ricchezza e non povertà. I prodotti dei Nebrodi (provola, salumi da suino nero, erbe aromatiche, miele, etc.) sono la dimostrazione che la qualità ha un valore e può dare reddito e ricchezza, ma bisogna ragionare in termini moderni: produrre e saper comunicare quello che si fa.
D. Nuovo format in più tappe per la decima edizione. Primo appuntamento: Vittoria. Cosa l’ha indotta a questa scelta?
R. È un esperimento ed è un modo per festeggiare. Vittoria è una capitale dell’ortofrutta, ma non solo, e si trova in una provincia ricca di prodotti di qualità, come il vino, il cioccolato e il formaggio. Dall’altro lato della Sicilia, sui Nebrodi, c’è un lavoro da fare: due mondi a confronto se vogliamo. Sempre con lo stesso spirito: comanda il mercato, non l’assistenzialismo. Certo non il mercato a tutti i costi, ma l’idea è sempre quella.
D. Cosa vuol dire fare giornalismo enogastronomico in Sicilia?
R. In questo momento la questione riguarda tutto il giornalismo, non solo quello enogastronomico. La Sicilia ha bisogno di una buona informazione, libera, autorevole e sostenibile economicamente. Ed è su questo che bisogna ragionare: non bastano i luccichii dei social, ma è necessario un sistema dell’informazione qualificato e forte perché anche la cronaca più severa è utile. Ed è utile a tutti anche a chi, diciamo il potere, preferisce avere cronache edulcorate e servizievoli. In un settore in cui il marketing prova a farla sempre da padrone è ancora più necessario avere giornalisti pignoli, preparati, competenti. Questo è il senso di tutto il lavoro che facciamo per aiutare i giornalisti ma anche per far capire agli imprenditori che l’informazione (non solo la comunicazione che è cosa diversa) è un asset.
D. Come influisce la tematica dei dazi sul comparto enogastronomico siciliano?
R. È un tema importante anche perché gli Stati Uniti sono uno dei primi mercati esteri per molti prodotti dell’agroalimentare siciliano. Trump deve fare pace con sé stesso perché ne spara una al giorno e tutta questa incertezza sta facendo più danni dei dazi veri e propri. Non si governa con gli annunci, si governa con i fatti.
D. In che modo l’intelligenza artificiale può essere considerata un’opportunità e in cosa invece rappresenta un limite nell’ambito giornalistico?
R. L’intelligenza artificiale è uno strumento, aiuta nella produttività, serve a fare al posto nostro cose ripetitive. Ma è una macchina non è altro. Io credo che l’intelligenza artificiale aiuterà i giornalisti a fare bene il loro lavoro: andare sui luoghi, raccontare i fatti, verificare le storie, ragionare sui problemi. Ci sono cose che la macchina non può fare: trovare le notizie è una di queste.
D. Fake news e governi, anche apparentemente democratici, che impediscono una corretta informazione. Cosa fare per evitare una disinformazione galoppante?
R. Essere credibili nel proprio settore, continuare a fare bene il proprio lavoro, avere un’etica dell’informazione, non accettare compromessi. Le regole d’ingaggio devono essere sempre chiare.
D. Cosa caratterizzerà le prossime tappe della manifestazione? C’è già qualche novità per l’edizione numero 11?
R. Le prossime tappe della manifestazione saranno caratterizzate da una parola chiave: contaminazione. Tra culture, punti di vista, sistemi produttivi. Noi siciliani siamo figli della contaminazione tra culture e siamo orgogliosi di esserlo, anzi quella contaminazione è la nostra grande ricchezza. Oggi la contaminazione è un atto rivoluzionario di fronte alla tendenza a chiudersi in sé stessi, alzare muri, sostenere e giustificare la distruzione di popoli. È un tempo difficile e bisogna ricominciare a mettere l’io al servizio delle comunità. Per l’XI edizione vedremo, ancora è troppo presto per parlarne.
https://festivaldelgiornalismoenogastronomico.it/
di Gianmaria Tesei