Un prodotto nuovo, che nasce aceto, sin da subito. Biologico e vulcanico dell’Etna. Frutto di una selezione a monte di vitigni che per le caratteristiche organolettiche meglio si prestano al processo di acetificazione (Nerello mascalese e Carricante) e di un processo di coltivazione delle uve in vigna appositamente studiato. Un aceto biologico e vulcanico dell’Etna, dunque, capace di esprimere l’identità del paesaggio, che nasce con un nome che è già un marchio pronto per la commercializzazione: Ace.vù.
Questo l’obiettivo perseguito dal progetto ACE.VÙ, “Trasferimento di Innovazioni per produzione e la commercializzazione di aceto siciliano di qualità superiore”, finanziato dalla misura 16.1 del PSR Sicilia 2014/2022, che ieri nel corso del convegno di presentazione dei risultati finali ha ufficialmente consegnato gli strumenti per avviare anche in Sicilia la prima filiera acetica, in un’area quella dell’Etna, in cui la produzione di aceto rappresenta una novità assoluta.
La gestione del vigneto, in tutte le sue fasi, oggi rappresenta un punto fondamentale per la produzione di uve di qualità destinate alla trasformazione in vini che devono avere personalità ed un forte legame con il territorio in cui sono prodotti. Risulta fondamentale focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche che devono avere le uve destinate alla produzione di aceto. In linea di massima, le uve che si prestano meglio alla produzione di aceto devono avere un pH tra 3 e 3,5, una acidità totale compresa tra 5 e 7g/l di acido tartarico, un potenziale alcolometrico non maggiore di 12% vol., senza compromettere la maturazione aromatica e fenolica.
Da questa nuova visione di gestione del vigneto, il progetto Ace.vù ha fornito un protocollo che mira a dare indicazioni agli agricoltori per la produzione di uve destinate alla creazione di aceto di qualità superiore che, come nei vini, rappresenti il territorio di provenienza grazie a caratteri organolettici unici ed irripetibili.
La produzione sperimentale ha seguito i protocolli di due metodi di produzione, quello statico e quello sommerso. Il primo, tradizionale di fermentazione e affinamento in botti di legno, castagno o ciliegio tipici del territorio, deputati a trasferire al prodotto le proprie essenze; il secondo (sistema sommerso) si è avvalso di apparecchiature, un concentratore e un fermentatore che consentono la produzione di aceti sperimentali; in particolare, è stato installato un impianto pilota in un contesto tipicamente etneo, in mezzo ai noccioleti, ma distante dai vigneti.
Nel corso del convegno sono stati illustrati, appunto, i “protocolli” messi a punto dall’Università di Catania, in particolare il Dipartimento Di3A, (partner scientifico del progetto) che si è avvalso della collaborazione dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, coinvolta per la lunga esperienza nel settore degli aceti, essendo al centro dell’areale privilegiato nella produzione di aceti di qualità.
Sono stati anche presentati i 4 campioni sperimentali di aceto realizzati dai partner di progetto, 4 aziende vitivinicole, di cui l’azienda Barone di Miceli di Castiglione di Sicilia è organismo capofila, e un’impresa di commercializzazione La Trinacria Corporation Srl. “Per noi rappresenta una sfida che siamo prontissimi a raccogliere con grande entusiasmo– ha dichiarato Franco Di Miceli, produttore – Parliamo di un prodotto di nicchia che nasce aceto e non ci diventa, sgomberando così il campo da qualunque tipo di preconcetto. L’aceto a cui pensiamo è un prodotto di nicchia, non pensato come semplice condimento ma a completamento di una pietanza, che sempre più spesso si affianca alla ristorazione gourmet e all’alta pasticceria”.
I campioni realizzati “prodotti in statico” provengono da tre batterie di “legni” di essenza di castagno e ciliegio, tipiche dell’Etna e una internazionale di rovere.
“Il progetto, attraverso un approccio integrato e multidisciplinare, ha promosso l’introduzione di pratiche sostenibili in vigneto, l’adozione di processi di trasformazione innovativi e lo sviluppo di strategie avanzate di valorizzazione e commercializzazione, aprendo nuove prospettive produttive e commerciali, offrendo alle imprese locali l’opportunità di diversificare e innovare, senza rinunciare alla qualità delle proprie produzioni” hanno dichiarato i docenti Gaetano Chinnici, dipartimento DEI e Giovanni La Via, del dipartimento Di3A, che in questi tre anni di azioni progettuali si sono avvicendati nel ruolo di responsabile scientifico.
“L’attività di coordinamento delle attività, sia dal punto di vista scientifico che operativo, ha rappresentato la colonna portante dell’intero progetto – ha aggiunto l’Innovation broker, Giuseppe Trovato – con l’obiettivo di garantire un trasferimento efficace delle innovazioni e una loro concreta applicazione da parte delle imprese vitivinicole coinvolte. Uno degli elementi distintivi di questa attività è stato il coinvolgimento congiunto di un gruppo di lavoro scientifico interdisciplinare tra i ricercatori delle Università di Catania e Modena e Reggio Emilia che ha permesso di trasferire alle aziende un know-how che ha riguardato sia la gestione agronomica innovativa del vigneto in regime biologico, sia le fasi di trasformazione acetica”. Sui temi sono intervenuti Maria Gullo, UNIMORE, le docenti Cristina Restuccia del Di3A; la dottoranda Maria Veronica Faulisi, del Di3A,
Presenti: Mario D’Amico, direttore Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione Ambiente (Di3A) dell’Università di Catania, Giovanni Sutera, dirigente Responsabile del Servizio 9 dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Catania, Maria Rosa Battiato, dirigente UO S9.04, Servizi allo sviluppo, qualità agroalimentare diversificazione; Aurora Ursino, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Sicilia della Provincia di Catania.
Il progetto ha previsto anche il rilevamento del livello di accettazione del consumatore ad acquistare un aceto vulcanico. L’indagine al consumatore ha coinvolto un campione eterogeneo, per età, sesso, estrazione sociale e livello culturale, ai quali è stato sottoposto un questionario per valutare quali caratteri intrinsechi ed estrinsechi risultano determinanti nella scelta e nell’acquisto di un aceto di vino bianco o rosso da parte del consumatore. Per quanto riguarda l’aceto bianco, le caratteristiche determinanti, stante la ricerca, sono: l’aspetto limpido, il sapore agrodolce, l’odore leggermente acetico con note legnose e la certificazione di sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda l’aceto rosso, invece, il consumatore va alla ricerca di un prodotto dal colore intenso bruno, dall’aspetto denso, dall’odore legnoso e sempre con la certificazione di sostenibilità e qualità.
Si tratta di risultati di notevole impatto da cui le aziende possono trarre vantaggio affinché anche in Sicilia si possa sviluppare una filiera della produzione dell’aceto, ad oggi presente con numeri molto limitati.