Non si può dire che Pantelleria sia un luogo semplice. Tra la Tunisia e la Sicilia, è un’isola vulcanica sufficientemente lontana da tutto e tutti, dai vizi e dai comfort della società occidentale. Il mezzo più ragionevole per raggiungerla, non necessariamente il migliore, è l’aereo. In alternativa, attrezzandosi di qualche chilo di pazienza, c’è la nave o l’aliscafo, e ci si mette un po’.
Pantelleria non è un luogo per chi soffre di angoscia da isolamento, per nesofobi e nemmeno per claustrofobici. A Pantelleria si potrebbe restare bloccati a terra per (interminabili) giorni a causa delle condizioni meteo. Oppure, in mare senza poter attraccare. Internet è un miraggio, e nella migliore delle ipotesi è prudente sperare in una connessione discontinua o singhiozzante. D’inverno, poi, si potrebbe avere la sensazione di incontrare poca gente… pochissima.
Detto questo, chi non si lascia spaventare dovrebbe lasciarsi andare un po’ come Alice mentre cade nella tana del Bianconiglio. Pantelleria è l’inizio di una splendida avventura dominata dalla curiosità. Ti trascina in un mondo meraviglioso ma anche strano, pieno di regole bizzarre e situazioni insolite. Un’isola dove i gusti sono sapidi e dolcissimi allo stesso tempo.

vigne e muretti a Pantelleria
Qui i vigneti esprimono la fatica dell’uomo nell’estremo tentativo di domare, riuscendoci, una natura capricciosa trasformandola in un vino che non ha simili. E c’è molto altro, ad esempio 12.000 chilometri di muretti a secco, oggi parte integrante del paesaggio. Nati per difendere le coltivazioni dal vento e trattenere l’umidità in un contesto di piogge scarse, si affiancano ad altre invenzioni come i dammusi e i giardini panteschi, esempi di genialità rurale.
Anche nel vino le evidenze sono solide: la viticoltura pantesca è patrimonio immateriale UNESCO grazie alla pratica della coltivazione della vite ad alberello, una tecnica antichissima che permette alle piante di resistere al vento e alla siccità. In breve, il compito del vignaiolo è schivare le forze naturali avverse e sfruttarle a proprio vantaggio, una sintesi in chiave agronomica di Judo, Aikido e Ju-jitsu, contro il vento salato, la poca acqua e la troppa luce.

allevamento ad alberello
E incredibilmente funziona: l’isola, segnata da polvere vulcanica, luce accecante e graffiante salsedine marina, trova nel Moscato d’Alessandria (Zibibbo) il suo vitigno simbolo. Sino ad un recente passato, l’unico elemento coronante per i vini panteschi, opulenti e dolcissimi, era l’appassimento al sole, sole che prima della maturazione è un avversario degno di preoccupazione. Oggi, invece, la modernità offre qualche arma in più e dagli anni ’90 sono nati sull’isola vini secchi evocativi e di nuova, diversa piacevolezza.

Achille Scudieri di Abraxas
Abraxas
Fondata negli anni Novanta da Calogero Mannino, Abraxas è passata dal 2023 sotto la guida della famiglia Scudieri. Oggi Achille, amministratore delegato, ha avviato un progetto di rilancio che vuole riportare la cantina al prestigio dei suoi anni migliori. L’idea è forgiare Pantelleria quale nuova protagonista nel panorama enologico internazionale, da un lato rispettando la tradizione, dall’altro aprendo all’innovazione e costruendo, appunto, un ponte tra la storia dell’isola e il vino del futuro.
A questo punto, il nome della cantina non sembra più un dettaglio ornamentale: Abraxás è anche il nome di una divinità gnostico-mitraica considerata ponte tra l’umanità e il dio Sole, un’entità che rappresentava la mediazione tra cielo e terra, e che diventa la metafora di una viticoltura che concilia gli estremi: la roccia lavica e il mare, la fatica e l’eleganza del bicchiere, il vecchio e il nuovo. Forse anche l’Africa e l’Europa. Contrasti che segnano una armonia non necessariamente statica, ma che sfrutta l’alternanza tra luce e oscurità creando dei chiaroscuri caravaggeschi.
A Pantelleria, infatti, bellezza e difficoltà non sono opposti, ma parti di uno stesso destino e la produzione di Abraxas segue questa dicotomica e affascinante discrepanza pantesca: accanto al Don Achille e al Sentivento, due Passiti di Pantelleria punte di diamante della produzione (eccellenti le due versioni, rispettivamente 2014 e 2017) , troviamo diversi bianchi e rossi secchi che mostrano l’anima più contemporanea dell’isola: Alsine (Zibibbo e Viognier), Oxalis (Alicante e Cabernet Franc), Reseda (Nero d’Avola e Alicante), Sabj (blend di Nero d’Avola, Alicante e Merlot) e Vipera (Nero d’Avola).
Forse non sono ancora etichette tarate sul livello cui ambiscono, ma puntano chiaramente il dito verso l’ambizioso obiettivo di riconoscibilità territoriale e potenza espressiva. I numeri: Alsine (15.000 bottiglie), Sentivento (6.000 bottiglie), Don Achille (6.000 bottiglie), Vipera (5.000 bottiglie), Oxalis (5.000 bottiglie), Saby (15.00 bottiglie).
La cantina, di recente costruzione ed esternamente rivestita da pietra lavica assemblata a secco, sorge a circa 600 metri di altezza sui pendii di Montagna Grande. Le vigne, estese circa 18 ettari (più altri 22 di bosco) si trovano nelle contrade più vocate dell’isola, Bukkuram, Khamma, Scauri, Barone, Mueggen e sulle alture di Vipera e Randazzo. Per la produzione del Doc Passito di Pantelleria si utilizza la tecnica tradizionale dell’appassimento su graticci, sistemati all’aria aperta e dotati di sistemi di copertura da attivare solo in caso di pioggia o di condizioni meteo sfavorevoli. Oltre lo Zibibbo, si coltivano Traminer, Mondeuse, Nero d’Avola, Nerello Mascalese, Syrah, Cabernet Franc, Grenache, Carignano, Malbec, Petit Manseng, Gros Manseng, Merlot e Viognier.
Per chiudere il cerchio, Abraxas offre anche la possibilità di soggiornare tra le vigne. L’ospitalità è pensata per chi desidera vivere l’identità territoriale dell’isola. Sono disponibili 8 dammusi per 20 posti letto. La struttura è aperta tutto l’anno.
Abraxas – Tenute Scudieri
Contrada Kuddia Randazzo
Pantelleria (TP)
www.abraxaspantelleria.it