Cinquant’anni di Rosso del Conte: quando la Sicilia divenne un grande vino

 

Chi si muove nel cuore delle Madonie verso Vallelunga, lì dove le colline si piegano in ondulazioni morbide e la luce si fa più chiara dopo la pioggia, potrebbe imbattersi in Regaleali.

Qui il paesaggio non ha l’odore dei luoghi turistici, né la frenesia delle coste: è una campagna intima, silenziosa, dove gli orizzonti sono ampi e il vento pizzica il naso. Attorno, la vigna si alterna al grano, ai mandorleti e ai casali di pietra, in equilibrio tra uomo e paesaggio.

È in questi luoghi che la famiglia Tasca d’Almerita, da quasi due secoli, fa vino. Uno di questi ha l’anno di nascita: quando nel 1959 il conte Giuseppe decise di piantare la vigna di San Lucio, nel cuore della tenuta, non stava semplicemente ampliando la superficie vitata della sua azienda. Aveva in mente un progetto temerario: dimostrare che la Sicilia poteva produrre un grande vino capace di dialogare con le etichette più prestigiose del mondo. Nel 1970 nacque la “Riserva del Conte”, poi “Rosso del Conte”, sull’isola il primo vino da singola vigna.

La collina si trova a quasi cinquecento metri di altitudine, esposta a sud-est, con suoli sabbiosi e calcarei e un clima asciutto e ventilato. Qui, il vigneto allevato ad alberello si dispone come un mosaico e ogni ceppo porta con sé la memoria del tempo. Fin dagli esordi, il Rosso del Conte fu pensato per durare, per affinare nel legno e cavalcare l’evoluzione attraverso gli anni. Le prime versioni maturavano in botti di castagno, poi in rovere di Slavonia e infine in barrique francesi. A mutare non è stato il carattere del vino, ma la consapevolezza di chi lo produceva: un passaggio graduale da un’idea di forza e potenza a una ricerca di eleganza e profondità.

Gli interpreti del Rosso del Conte sono il nero d’Avola e il perricone, varietà autoctone che esprimono due energie diverse: il primo corpo e calore, il secondo tensione, speziatura, verticalità. Il risultato è un rosso di trama fitta, dai profumi di frutta matura e spezie dolci, con note di cacao, tabacco e accenni balsamici. Al palato è pacato, fine, eppure vitale e agile, con una capacità di invecchiamento che lo colloca tra i grandi vini del Mediterraneo.

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