L’avocado di Sicilia, con i suoi appena mille ettari di superficie coltivata, concentrati soprattutto nelle aree costiere della fascia jonica tra Catania e Messina e che si estendono sino alle falde dell’Etna (non oltre i 300 metri sul livello del mare) è la coltura subtropicale di maggiore interesse economico in Italia. Un’enorme opportunità per la nostra Regione che, tuttavia, nonostante sia tra i principali produttori in Italia, riesce a coprire solo il 5% della domanda nazionale, con una produzione totale che in base agli impianti attualmente produttivi non supera le 800 tonnellate all’anno. L’Italia, dunque, importa la quasi totalità della produzione di avocado da paesi europei ed extraeuropei.
Un habitat ideale quello del versante est dell’Etna, con temperature e umidità costanti e terreni ben drenati, profondi e aerati, leggeri e sabbiosi. La maestosità del vulcano, poi, non solo fa da barriera ai venti freddi e mantiene un’umidità costante, ma dona uno straordinario terreno di sabbia vulcanica che costituisce un humus fertile senza pari, fondamentale per la crescita delle piante. Si stima che i terreni sfruttabili nelle fasce costiere ionico e tirreniche possano raggiungere superfici di almeno 5 mila ettari, consentendo il recupero e la valorizzazione di terreni abbandonati, un tempo coltivati a limone; e che il solo mercato italiano possa tranquillamente assorbire a regime, sulla base dei consumi attuali, tutto il potenziale della produzione siciliana.
Da questi dati ha preso le mosse tre anni fa, il progetto “Avocado biologico siciliano: superfood per la valorizzazione delle aree ionico-tirreniche”, finanziato con la misura 16.2 del PSR Sostegno a progetti pilota e allo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie, che si è posto diversi obiettivi. Innanzitutto, diffondere un corretto modello di coltivazione dell’avocado che punti ad una standardizzazione dei sistemi colturali agricoli, ad un incremento delle rese per unità di superficie attraverso il miglioramento del numero e della pezzatura dei frutti e ad una gestione delle malattie con strategie innovative ed ecosostenibili; cosi come, ridurre l’alternanza di produzione, tenendo conto che le tre varietà maggiormente coltivate in Sicilia Hass (90%), Fuerte e Bacon (10%) coprono un calendario di commercializzazione da novembre a marzo, mentre la Grande Distribuzione Organizzata incalza per una copertura annuale. Terzo, valorizzare le caratteristiche salutistiche dell’avocado. E infine, ridurre e riutilizzare lo scarto. Ed è partendo da quest’ultimo punto, che il progetto ha visto la nascita del primo Olio di avocado siciliano, un prodotto Super Food, di alto pregio, che potrà essere proposto come una diversificazione delle attività agricole utilizzando lo “scarto” non idoneo alla commercializzazione.
I risultati di progetto sono stati illustrati nel corso del convegno finale che si è tenuto al Dipartimento Agricoltura, Ambiente, Alimentazione, Di3A, che è partner scientifico. Il Di3A, in particolare, ha coordinato i gruppi di ricerca con i responsabili scientifici, i docenti Alberto Continella e Giancarlo Polizzi, e affiancato l’innovation broker Antonino Azzaro, agronomo, e le 9 aziende (“ionica”, ente capofila, cooperativa Dal Tropico; Metaponto, Leonardi Maria, Lorenzo Vetrano e Green Life; la società DI.COMM., di logistica e commercializzazione; lo spin-off universitario Agriunitech s.r.l.).
Il convegno è stato aperto dal direttore del Di3A, Mario D’Amico e dai saluti del vice presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della provincia di Catania, Enrico Catania. Sono poi seguite relazioni conclusive.
“Le azioni progettuali – ha spiegato il professor Alberto Continella – sono state finalizzate a valutare l’influenza del portinnesto (Water-Hole, Mexicola, riprodotti per seme; Maoz, Duke 7, propagati vegetativamente) negli impianti frutticoli sui principali parametri vegeto-produttivi dell’avocado. In particolare, gli effetti sull’entrata in produzione, lo sviluppo vegetativo delle piante, la produttività, gli interventi e costi di potatura, la curvatura dei rami, l’evoluzione delle caratteristiche qualitative del frutto in diverse cultivar. Sono stati esaminati, inoltre, i fattori che determinano l’incremento della pezzatura media dei frutti, particolarmente nel caso della Hass che presenta dimensioni più contenute rispetto alle altre cultivar. Sono stati valutati gli effetti di trattamenti fogliari ammessi in agricoltura biologica con specifici nutrienti in determinati stadi fenologici per valutare l’aumento delle classi di calibro maggiori; e la capacità di trattamenti con prodotti a base di micorrize, ammessi in biologico, di migliorare l’assorbimento dei nutrienti dal terreno e, pertanto, la disponibilità di elementi minerali in grado di aumentare la resa produttiva delle piante”.
“Le malattie riscontrate in tutte le aree di coltivazione oggetto di indagine necessitano della individuazione e messa a punto di adeguate strategie di lotta ecosostenibili – ha aggiunto il professor Giancarlo Polizzi – La finalità del progetto è stata quella innanzitutto di descrivere le nuove malattie che interessano il territorio e di valutare l’efficacia di interventi agronomici (potature di risanamento, impiego di nuovi corroboranti, innovativi mastici protettivi) e antagonisti microbiologici (Bacillus spp. e Trichoderma spp.) il cui impiego sulla coltura non è stato mai oggetto di sperimentazione. Gli interventi agronomici sono principalmente rivolti alla rimozione dei cancri e alla protezione dei tagli mentre l’uso di antagonisti microbiologici, analogamente a quanto avviene su altre colture come la vite, potrebbe consentire la riduzione delle infezioni sul tronco e nei frutti attraverso competizione per spazio e nutrienti, parassitismo e induzione di resistenza. L’uso di interventi di lotta potrebbe consentire anche di ridurre sensibilmente le infezioni con strategie di lotta che sono in linea con la legislazione europea rivolta ad un uso sostenibile del mezzo chimico e consentirebbe di produrre avocado anche in regime di “biologico”. E’ però necessario disporre di mezzi biologici autorizzati per l’impiego su larga scala.
Nell’ambito delle innovazioni di prodotto, sono state valutate cultivar di avocado già in produzione ma con pochi esemplari, quali la Zutano tra le precoci e la Orotawa, la Pinkerton, la Lamb Hass e la Reed tra le tardive, che sotto l’aspetto qualitativo e commerciale, possono consentire di ampliare il calendario di commercializzazione.
Un’ulteriore innovazione di prodotto ha portato, come detto, alla nascita dell’olio di avocado, estratto da un frantoio sperimentale installato all’interno dell’azienda ente capofila. “La possibilità di ottenere il prodotto trasformato, utilizzando il prodotto di scarto rappresenta una opportunità da realizzare mediante i più moderni protocolli di estrazione che meglio possano preservare le componenti qualitative dell’olio –ha spiegato Laura Siracusa, ricercatrice dell’Istituto Chimica Biomolecolare – CNR –un olio vegetale ricchissimo di sostanze ossidanti con acidi grassi essenziali e ricco in vitamine A,D,E, lecitine e proteine”. Un prodotto Super Food, proposto come una diversificazione delle attività agricole utilizzando lo “scarto” del frutto avocado, non perfetto con presenza di macchie e/o di calibro inferiore a quello idoneo per la commercializzazione, attraverso un processo di trasformazione a mezzo di una spremitura che avviene con un sistema estrattivo.